DALLA PAROLA DEL GIORNO

«Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma”». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!». Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea».»  

Mt 21,1-11

Come vivere questa Parola?

In questa domenica delle Palme, all’inizio della settimana Santa, ci è narrata una contrapposizione che non possiamo ignorare, il contrasto di una folla che riceve Gesù portandolo in trionfo, considerandolo re, esaltandolo e osannandolo come “figlio di Davide”, sventolando dei ramoscelli d’ulivo. La stessa gente, però, solo qualche giorno dopo urlerà di volerlo “crocifisso”. Perché il vangelo narra questo drammatico contrasto? Perché narrare di un Pietro disposto apparentemente a dare la vita per Gesù, salvo poi dinanzi a una semplice servetta, dire di non conoscere il maestro distaccandosi da lui? Per quale ragione, i discepoli che sono stati accanto a Gesù nei momenti più rilevanti della sua vita, davanti al suo dolore o al dramma della sua cattura, si assopiscono o fuggono, lasciandolo nella più profonda solitudine? Fermarci su questo aspetto, penso sia imprescindibile per affrontare nel modo migliore la settimana santa. Quando ci confrontiamo con i racconti della passione non esistono buoni e cattivi ma solo luci e ombre che sono presenti nel cuore di ognuno di noi e l’intenzione migliore che possiamo avere in questi giorni, è quella di scegliere come discepoli da quale parte stare, accettando che possiamo anche noi fuggire, tradire e crocifiggere Gesù mettendolo fuori dalla nostra vita. Quando accetteremo questa nostra contraddizione esistenziale, allora potremo anche vivere in pienezza la Pasqua, in questa settimana Santa che celebra sostanzialmente un grande fallimento, la crocifissione di Gesù, che poi si tramuta in una immensa vittoria. Soltanto accogliendo i nostri fallimenti, potremo permetterci di dire che cosa desideriamo veramente e da che parte vogliamo rimanere, come i discepoli che hanno tradito, sono caduti nel sonno innanzi alle questioni serie ma poi quando si sono resi conto hanno recuperato, ricominciando da quei fallimenti per edificare qualcosa di veramente importante.

Accresci, o Dio, la fede di chi spera in te e concedi a noi tuoi fedeli, che oggi innalziamo questi rami in onore di Cristo trionfante, di rimanere uniti a lui, per portare frutti di opere buone.

La voce di un teologo

“la Settimana Santa è il racconto di un fallimento che si tramuta in una grande narrazione, diviene un grande trionfo, un passaggio, appunto, a una dimensione eterna, la Pasqua. L’augurio è che ognuno di noi riparta dai propri fallimenti e condividendo la propria croce, sperimenti la gioia di questa vittoria, del trionfo della risurrezione”.

 

L. M. Epicoco

Teologo

 

 

Commento di Don Maurizio Lollobrigida SDB

m.lollobrigida@hotmail.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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