DALLA PAROLA DEL GIORNO
«Il Sabato Santo la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e la sua morte, nonché la discesa agli inferi, e aspettando la sua risurrezione, nella preghiera e nel digiuno. Spogliata la sacra mensa, la Chiesa si astiene dal sacrificio della Messa fino alla solenne Veglia o attesa notturna della risurrezione. L’attesa allora lascia il posto alla gioia pasquale, che nella sua pienezza si protrae per cinquanta giorni».
(Dal Messale Romano)
Come vivere questa Parola?
È un giorno particolare di attesa, che diventa metafora di stagioni che a volte viviamo nella nostra vita. Un giorno difficile. Le Scritture descrivono il sabato santo come un giorno nel quale Gesù resta muto, morto e sepolto il giorno prima, muto come anche gli altri attori della sua passione e morte. Un giorno che deve trascorrere velocemente, con le donne che aspettano l’alba seguente per tornare alla tomba, i sacerdoti del tempio che credono non ci sia più nulla da temere, visto che la tomba è piantonata dai soldati del tempio, i discepoli che sono blindati in casa pieni di paura. Sabato santo, giorno in cui non accade nulla, giorno del riposo di Dio, secondo il credo giudaico, giorno in cui Gesù giace nella tomba a riposare. La sua storia appare un fallimento e la sua comunità è scoraggiata e spaventata. Un giorno così vuoto, appare il giorno più lungo! Si vorrebbe che terminasse presto, perché prova duramente la nostra fede, la nostra convinzione in un finale che veda trionfare il bene sul male. Nel sabato santo la nostra fede è chiamata a conoscere la propria debolezza, ad andare in profondità per accogliere il buio che avvolge il mistero. Ma se è vero che questo silenzio e questa attesa fanno male al cuore, negli spazi più nascosti del cuore stesso continuiamo a credere che Gesù è sempre operante e che proprio quando non vediamo nulla è li che scende agli inferi a portare quella salvezza che non possiamo darci. In quel sabato santo è sceso ma ancora oggi scende nelle nostre profondità abitate dalle nostre ombre e dalla morte, per sanare ciò che noi non possiamo sanare. Nella vita prima o poi tocchiamo il fondo, ma andando a fondo troviamo Gesù che ci ha preceduti attendendoci a braccia aperte. Allora la nostra attesa, il nostro lamento si cambierà in cantico nuovo, in una danza di gioia: «Non è qui, è risorto da morte, come aveva detto!».
La voce di un Padre della Chiesa
“Oggi il Re dorme. Il suo sonno, la sua discesa agli inferi, però, risveglia l’uomo decaduto, ha il potere di sciogliere le catene del peccato e della morte”.
(Sant’Agostino)