DALLA PAROLA DEL GIORNO

«Uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariòta, andò dai capi dei sacerdoti e disse: «Quanto volete darmi perché io ve lo consegni?». E quelli gli fissarono trenta monete d’argento. Da quel momento cercava l’occasione propizia per consegnare Gesù. Il primo giorno degli Ázzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: «Dove vuoi che prepariamo per te, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Ed egli rispose: «Andate in città, da un tale, e ditegli: “Il Maestro dice: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli”». I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, si mise a tavola con i Dodici. Mentre mangiavano, disse: «In verità io vi dico: uno di voi mi tradirà». Ed essi, profondamente rattristati, cominciarono ciascuno a domandargli: «Sono forse io, Signore?». Ed egli rispose: «Colui che ha messo con me la mano nel piatto, è quello che mi tradirà. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Giuda, il traditore, disse: «Rabbì, sono forse io?». Gli rispose: «Tu l’hai detto».»

Mt 26,14-2

Come vivere questa Parola?

La trattativa che inscena Giuda è sempre stata una costante nel tempo. Il peccato è sempre la conseguenza di una compravendita di questo tipo. Svendiamo Gesù, svendiamo il Bene, la Verità, il Senso per capitalizzare con certezze a buon mercato, appagamenti che svaniscono dopo pochi istanti, ed esistenze che sono solo la commemorazione del vuoto. Apparentemente è un buon affare liberarsi di Gesù consegnandolo. Il mondo dopotutto, si è perfezionato nelle strategie di vendita, mettendosi alla scuola del professionista, di quel serpente antico che ha “appioppato” il pomo vietato ai nostri predecessori nel giardino dell’Eden, garantendogli illusioni per poi lasciarli nudi e delusi con una foglia e basta. Siamo figli di questa generazioni di inganni, i cui segni continuano ad accompagnarci. Ma ritorniamo a quanto accade nell’ultima cena. La tensione drammatica del momento sale e mentre i commensali si chiedono chi sia il traditore, Gesù inserisce al discorso un particolare pesante sul destino di questo sventurato. Non penso sia piacevole per nessuno, sentir dire che sarebbe meglio non essere nato a fronte di ciò che si è compiuto, ma senza troppi filtri credo fermamente che sia questa l’unico terminale del peccato, quando giunge alle estreme conclusioni. Si può così tanto vivere il male fino a diventare una maledizione vivente. Che non ci accada mai di vedere la nostra esistenza tramutarsi in una maledizione, dobbiamo conservare fino alla fine l’opportunità di lasciarla intatta nella sua natura originaria, una benedizione. Ci possiamo riuscire solo a patto di far emergere almeno una briciola di rimpianto e un pizzico di umiltà dal cuore. È questo che metterà in salvo Pietro e la mancanza di questi elementi forse sono lo stesso motivo che colorerà di dramma la fine di Giuda. Non è Gesù a emettere su Giuda un verdetto di morte, fosse stato per Lui lo avrebbe salvato. È Giuda, invece, che sceglie di autodistruggersi.

 

Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti.

La voce di una scrittrice

L’amore non muore mai di morte naturale. Muore perché noi non sappiamo come rifornire la sua sorgente. Muore di cecità e di errori e tradimenti. Muore di malattia e di ferite, muore di stanchezza, per logorio o per opacità. 

 

Anais Nin

Scrittrice

 

 

Commento di Don Maurizio Lollobrigida SDB

m.lollobrigida@hotmail.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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