DALLA PAROLA DEL GIORNO
«Fratello, la tua carità è stata per me motivo di grande gioia e consolazione, perché per opera tua i santi sono stati profondamente confortati. Per questo, pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto, io, Paolo, così come sono, vecchio, e ora anche prigioniero di Cristo Gesù. Ti prego per Onèsimo, figlio mio, che ho generato nelle catene, lui, che un giorno ti fu inutile, ma che ora è utile a te e a me. Te lo rimando, lui che mi sta tanto a cuore. Avrei voluto tenerlo con me perché mi assistesse al posto tuo, ora che sono in catene per il Vangelo. Ma non ho voluto fare nulla senza il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato, ma volontario. Per questo forse è stato separato da te per un momento: perché tu lo riavessi per sempre; non più però come schiavo, ma molto più che schiavo, come fratello carissimo, in primo luogo per me, ma ancora più per te, sia come uomo sia come fratello nel Signore. Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso. E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto. Io, Paolo, lo scrivo di mio pugno: pagherò io. Per non dirti che anche tu mi sei debitore, e proprio di te stesso! Sì, fratello! Che io possa ottenere questo favore nel Signore; da’ questo sollievo al mio cuore, in Cristo! »
Dalla lettera di san Paolo apostolo a Filèmone
Come vivere questa Parola?
Oggi la liturgia ci propone la Lettera di S. Paolo a Filemone. È la più breve fra quelle scritte dall’apostolo; vale la pena leggerla per intero. Secondo l’interpretazione più diffusa ancora oggi, si tratterebbe di una lettera di raccomandazione scritta da Paolo all’amico cristiano Filemone. La possiamo comprendere solo conoscendo un po’ la storia. Filemone era un uomo facoltoso, mentre Onesimo era uno schiavo che lavorava per lui e che era fuggito dal padrone probabilmente derubandolo (v. 18). Durante la sua fuga era giunto a Roma e, provvidenzialmente, in una prigione aveva trovato Paolo, al quale aveva raccontato il torto commesso nei confronti di Filemone, suo padrone. L’apostolo aveva parlato ad Onesimo della grazia salvifica di Dio, ed egli si era convertito al Signore. Secondo le vigenti leggi sulla schiavitù, Paolo sapeva che lo schiavo doveva ritornare al suo legittimo proprietario. Essendo però Onesimo diventato un discepolo di Cristo, l’apostolo aveva deciso di scrivere al suo amico Filemone incoraggiandolo a riceverlo come un fratello in Cristo.
Nella lettera, Paolo chiede accoratamente di accogliere, perdonare e riconoscere il nuovo stato di Onesimo come fratello nella fede. In questa vicenda si nota come il cristianesimo riesca a superare le barriere sociali e a cambiare radicalmente le relazioni. Il nocciolo della richiesta di Paolo è che Onesimo deve essere accolto come un caro fratello (v. 16). Nella famiglia di Cristo si è uniti nel suo amore. Nella nostra quotidianità siamo tentati di fermarci al giudizio dell’altro in base al suo vissuto o peggio ancora, in base ai suoi errori. Il credente è chiamato ad accogliere tutti, a prendersi cura di ogni fratello che incontra sulla propria strada, senza ma e senza se. Tutti possono cambiare vita e convertirsi all’Amore.
Donami Signore uno sguardo nuovo capace di vedere in ogni persona un fratello perchè Figlio amato da Te.
La voce di un prete
“Io, come cristiano, come faccio a non essere accogliente? E io ti accolgo come sei, come persona, perché ancora prima di essere maschio, femmina, omosessuale o straniero, uno è persona, cioè un soggetto di autonomia. […] I cristiani, se non sono accoglienti, non dicano che sono cristiani. […] Chiunque incontri è tuo fratello, figlio, figlia; non ci sono fratelli e sorelle di serie B, C e D.”