DALLA PAROLA DEL GIORNO

«Non temere, perché non dovrai più arrossire; non vergognarti, perché non sarai più disonorata; anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza.

Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chiamato Dio di tutta la terra.

Come una donna abbandonata e con l’animo afflitto, ti ha richiamata il Signore.

Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù? dice il tuo Dio.

Per un breve istante ti ho abbandonata, ma ti raccoglierò con immenso amore.»

 

Is. 54,4-7

Come vivere questa Parola?

In questa profezia, Isaia presenta Sion come colei che sperimenta il rinnovamento dell’alleanza, il rifiorire di un amore coniugale e il riallacciarsi di un’intima, amorosa relazione che unisce Dio al suo popolo redento.

Isaia ci porta per mano a rivisitare tutta la storia del popolo eletto, servendosi del simbolismo dell’amore sponsale tra Dio e Sion. In questo modo, l’esilio viene paragonato alla vedovanza e al ripudio e la tragedia della deportazione che aveva coinvolto gli abitanti di Gerusalemme è presentata come la triste condizione di sterilità di una donna desiderosa di avere figli. Ma il Signore rovescia le sorti del suo popolo e in questo modo Gerusalemme sperimenta il ripopolamento della città, la sensibilità di un amore ritrovato e da custodire gelosamente e la nuova miracolosa fecondità sarà il segno della benedizione ritrovata.

“Sarai mia sposa.” (Is 54, 5)

La voce del Magistero

“Dio, creando e conservando per mezzo del suo Verbo tutte le cose, offre agli uomini nella creazione una perenne testimonianza di sé, e inoltre, volendo aprire la via della salvezza soprannaturale, fin dal principio manifestò se stesso ai progenitori.

Dopo la loro caduta con la promessa della redenzione, li risollevò alla speranza della salvezza, ed ebbe assidua cura del genere umano per dare la vita eterna a tutti coloro che, con la perseveranza delle buone opere, cercano la salvezza.

A suo tempo chiamò Abramo, per fare di lui un grande popolo, al quale, dopo i patriarchi, insegnò per mezzo di Mosè e dei profeti a riconoscere lui come il solo Dio vivo e vero, Padre provvido e giusto Giudice, e ad attendere il promesso Salvatore, preparando così attraverso i secoli la via al Vangelo. Ma Dio, dopo aver parlato «molte volte e in diversi modi per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1, 1-2). Mandò infatti il Figlio suo, ossia il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, perché abitasse fra gli uomini e ad essi rivelasse i segreti di Dio.”

(Dalla Costituzione dogmatica «Dei Verbum» del Concilio Ecumenico Vaticano II sulla divina Rivelazione (n 3)

Dei Verbum

 

 

Commento di Roberto Proietti

robertocerreto82@gmail.com

 

 

 

 

 

 

 

 

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