DALLA PAROLA DEL GIORNO
«19 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. 20 Confessò: «Io non sono il Cristo». 21 Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. 22 Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23 Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».»
Gv 1,19-23
Come vivere questa Parola?
Giovanni si de-finisce con tre “no”; lui “si dà dei limiti”: prima dice ciò che lui non è: non è il Cristo, non è Elia, non è il profeta. A partire da questi “no” definisce la sua identità. Solo partendo dalla chiarezza di ciò che non siamo possiamo arrivare a balbettare ciò che siamo. Lui ci insegna che solo riconoscendo e accettando i nostri confini, i nostri limiti, possiamo aprirci all’altro e diventare relazione, perché ognuno di noi è innanzitutto ciò che “non è”, cioè attesa d’altro, dell’Altro. Giovanni con questa sua chiarezza, non si attribuirà identità “gonfiate”, ma arriverà a riconoscersi e definirsi come voce, come colui che dà voce alla Parola, una voce senza la quale la Parola non sarebbe udibile. Giovanni ci insegna a guardarci con verità e anche questo fa parte della sua testimonianza!
Spirito di Gesù, illumina la nostra mente per capire e vivere con verità ciò che siamo. Solo così potremmo essere con verità “voce di Gesù” e non di altri “bisogni”! AMEN!
La voce di Papa Francesco
“Ecco allora l’invito a domandarsi chi sia veramente Giovanni, lasciando la parola al protagonista stesso. Egli, infatti quando gli scribi, i farisei, vanno a chiedergli di spiegare meglio chi fosse, risponde chiaramente: «Io non sono il Messia. Io sono una voce, una voce nel deserto». Di conseguenza la prima cosa che si capisce è che «il deserto» sono i suoi interlocutori; gente con «un cuore così, senza niente». Mentre lui è «la voce, una voce senza parola, perché la parola non è lui, è un altro. Lui è quello che parla, ma non dice; quello che predica su un altro che verrà dopo». In tutto questo c’è «il mistero di Giovanni» che «mai si impadronisce della parola; la parola è un altro. E Giovanni è quello che indica, quello che insegna», utilizzando i termini «dietro di me… io non sono quello che voi pensate; ecco viene dopo di me uno al quale io non sono degno di allacciare i sandali». Dunque «la parola non c’è», c’è invece «una voce che indica un altro». Tutto il senso della sua vita «è indicare un altro».
(MEDITAZIONE MATTUTINA SANTA MARTA, 24 giugno 2013)