DALLA PAROLA DEL GIORNO
Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi».
Mt 7, 1-5
Come vivere questa Parola?
Don Oreste Benzi diceva spesso che l’uomo non è il suo errore. Il non giudicare del Vangelo di oggi non significa spegnere l’intelligenza del raziocinio ed evitare di condannare il male. Questo errore sarebbe peggiore del primo. Si chiama indifferenza. L’ indifferente è colui che pensa che poiché milioni di altri fanno la loro parte è inutile che egli faccia la sua, tanto nulla cambierà, né in peggio né in meglio. L’indifferenza annulla la responsabilità e la volontà, salvo poi accusare di tutto il destino. Il cristiano di cui parla il vangelo è responsabile dei propri atti e di quelli degli altri. Ma si deve fermare a giudicare questi. Non può identificare il peccato con il peccatore, l’uomo con il suo errore; o meglio deve dare sempre possibilità al peccatore di riscattarsi dal peccato. Questo significa non giudicare. A volte c’è il rischio che i cristiani, con la loro psicologia di dottori della Legge, spengano ciò che lo Spirito Santo accende nel cuore di qualcuno che sta sulla soglia, che comincia ad avvertire la nostalgia di Dio. Che cosa dunque è veramente grave nella vita di un cristiano? È grave giudicare gli altri con intransigenza e livore, è grave e ipocrita condannare con forza e severità gli altri perché commettono atti che sovente proprio chi condanna compie a sua volta. È ancor più grave se dei comportamenti peccaminosi diventano mezzi di ricatto, di potere, di complicità, fino a condurre battaglie comuni contro “altri” sentiti come nemici. Chi non giudica non sarà giudicato, chi fa misericordia otterrà misericordia.
Signore, converti il nostro cuore alla misericordia per dare ai nostri fratelli una testimonianza della tua tenerezza e della tua misericordia.
La voce di un filosofo
“Dio è la speranza del forte, e non la scusa del vile. Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori: perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura”.