DALLA PAROLA DEL GIORNO
«Vide anche una vedova povera, che vi gettava due monetine, e disse: «In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti».
Lc 21,2
Come vivere questa Parola?
Le parole di Gesù a commento di quanto la vedova ha fatto non sono solo di lode, ma di dispiacere per quanto accade, per il fatto che una vedova ora, in Israele, non ha più nulla da mangiare. Gesù sta accusando il clima politico e religioso del suo tempo di non essere sensibile alla povertà diffusa. Una società e un sistema che non tengono conto di questo, verranno giudicati severamente: ecco perché, nei prossimi capitoli del vangelo di Marco Gesù parlerà non solo della fine dei tempi, ma anche della fine del Tempio, quello dove ora gli scribi e sadducei esercitano il loro potere. Chi commette peccati gravi come la disattenzione per i poveri, non può prestare un culto a Dio solo formale, perché, come già diceva il profeta Geremia, il culto esteriore, anche quello nel Tempio non serve a nulla.
Questa lettura, che mostra la preoccupazione di Gesù per il suo popolo e il disappunto per i suoi capi, che avrebbero dovuto guidare il “gregge” come pastori attenti, e invece non si curano di una vedova a cui d’ora in poi mancherà da mangiare, può essere accompagnata dalla lettura simbolica della figura della vedova.
Essa rappresenta davvero il modello dell’Israele scelto dal Signore. «Donando tutto a Dio, abbandonandosi completamente alla sua potenza come la vedova di Sarepta, che accetta di restare senza sostentamento per sfamare l’uomo di Dio credendo alla parola del profeta Elia (cfr. 1Re 17,10), questa donna è l’esempio del resto di Israele e della vera religiosità giudaica che Gesù aveva cercato invano a Gerusalemme nel Tempio. Questa donna è l’immagine della comunità povera di Israele, comunità vedova perché lo sposo le sarà tolto (cfr. Mc 2,20) e comunità segnata dall’indigenza perché vedova come la Gerusalemme senza Tempio» (Enzo Bianchi). Così, nel Libro delle Lamentazioni, era stata descritta la città santa: «Ah! Come sta solitaria la città un tempo ricca di popolo! È divenuta come una vedova, la grande fra le nazioni; un tempo signora tra le province è sottoposta a tributo» (1,1).
Nel Tempio, Gesù osserva quello che accade e cerca una testimonianza di fede, e la trova in quella donna. Come Dio aveva ristabilito Gerusalemme dopo il lamento del profeta, così Gesù sa che nessuna vedova sarà abbandonata. Per questa, per Gerusalemme, Gesù pensa che valga addirittura la pena di dare la vita. È quello che accadrà al Messia: uscito dal Tempio, non vi tornerà più: il luogo della sua offerta sarà d’ora in avanti il Calvario.
VIVO LA PAROLA in “Generosità”
La voce di un Padre della Chiesa
Il Signore dice: «Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli» (Mt 5, 20). Ma come potrà abbondare la giustizia, se la misericordia non trionfa sul giudizio? (cfr. Gc 2, 13). E’ giusto e conveniente che la creatura imiti il suo creatore, la copia il suo modello, ad immagine e somiglianza del quale è stata fatta. Orbene Dio fa consistere la riparazione e la santificazione dei credenti nella remissione dei peccati. Rimessi i peccati, cessa la severità della vendetta e viene sospesa ogni punizione, il colpevole viene restituito all’innocenza e la fine del peccato diventa inizio della nuova santità. L’uomo deve fare come Dio.
La giustizia cristiana può superare quella degli scribi e dei farisei, non svuotando la legge, ma rifiutandone ogni interpretazione materiale. Perciò il Signore, proponendo ai discepoli il modo di digiunare, disse: «Quando digiunate, non assumete aria melanconica, come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: Hanno già ricevuto la loro ricompensa» (Mt 6, 16). Quale ricompensa, se non quella della lode, spesso si ostenta una parvenza di giustizia, non ci si preoccupa della coscienza e si va in cerca di una falsa rinomanza. Così l’iniquità, che già si condanna da se stessa nascondendosi, si contenta poi di una stima ipocrita.
A chi ama Dio è già sufficiente sapere di essere gradito a colui che ama; e non brama ricompensa maggiore dell’amore stesso. L’anima pura e santa è talmente felice di essere ripiena di lui, che non desidera compiacersi in nessun altro oggetto al di fuori di lui.
(Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa)