DALLA PAROLA DEL GIORNO
GIORNO
Gesù disse ai suoi discepoli:
«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Mt 25,31-40
Come vivere questa Parola?
Il Vangelo di oggi ci aiuta ad interpretare le incertezze della vita, a non lasciarci assillare da una domanda ricorrente: “Servirà mai a qualcosa quello che faccio?”. Il Signore in questa mirabile, solenne pagina attorno al giudizio finale ancora una volta ci sorprende mostrandoci come Egli sia superiore alla nostra stessa coscienza. La nostra coscienza ci aiuterà a discernere, la buona volontà farà sì che non lasciamo nulla di intentato, ma la nostra sorte finale sarà decisa nel momento in cui consegneremo liberamente a Dio l’esito delle nostre azioni. Così, sarà premiato chi avrà fatto del bene senza neanche rendersene conto: “Quando mai ti abbiamo visto …?”. Il Signore oggi ci chiede di fare ma anche di affidare, di vigilare su noi stessi e di non lesinare nulla nei riguardi del prossimo, ma perché tutto vada non secondo la nostra, ma secondo la sua volontà. Il paradosso di questa parabola evangelica è il vantaggio di non sapere fino alla fine quale sarà il nostro destino, così da non illuderci della salvezza e da metterci a posto la coscienza. Dio è più grande della nostra coscienza.
Oggi provo ad immaginare Gesù che si mette nei miei panni: anch’io ho bisogno di mangiare, di dissetarmi, di coprire le mie nudità, di trovare conforto nel dono e nell’amicizia. Oggi provo ad avere cura di me stesso, guardandomi come mi guarda il Signore.
La voce del Papa
“L’esistenza di ciascuno di noi è legata a quella degli altri: la vita non è tempo che passa, ma tempo di incontro”