«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli»

Mt 5, 16

Come vivere questa Parola?

Quante volte si sente parlare di crisi di identità: non sappiamo nemmeno più, in questo tempo post-moderno, dare il nome alle cose, che ci sfuggono, e di cui non cogliamo il significato. Il vangelo di oggi si apre con una sconcertante affermazione: il cristiano è. Richiama un documento importante: la Lettera a Diogneto, che presenta appunto la carta del cristiano. È uno dei più antichi e suggestivi scritti dell’antichità cristiana, “la cosa più scintillante che sia stata scritta in greco dai cristiani”. In questa Lettera famosa si insiste nell’affermare che l’identità del cristiano non si capisce e non si misura in eventi straordinari. I cristiani non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti. Infatti non abitano in città particolari, non usano qualche strano linguaggio, e non adottano uno speciale modo di vivere. Questa dottrina che essi seguono non l’hanno inventata loro in seguito a riflessione e ricerca di uomini che amavano le novità, né essi si appoggiano, come certuni, su un sistema filosofico umano. Ma allora qual è lo specifico di chi si ritiene cristiano? La risposta ci viene da Gesù stesso “siete sale della terra e luce del mondo”. Il sale non si vede, ma si assapora attraverso i cibi. La luce si diffonde e rende visibili e chiare tutte le cose. Compito del cristiano è dare sapore alla vita di ogni giorno e portare gioia nella sequenza dei giorni, sono il sale della terra e la luce del mondo. Per questa ragione non devono stare “sotto” la realtà, nascosti, ma sopra, cioè “dentro” quella, come il sale è dentro un alimento o la luce dentro una casa. Guai a ritirarsi, dice Gesù: senza l’aiuto del credente il mondo perde il suo sapore e la casa non ha più luce.

Risplenda su di noi la luce del tuo volto, Signore.

La voce di un testo cristiano della seconda metà del II secolo

“(I cristiani) Risiedono poi in città sia greche che barbare, così come capita, e pur seguendo nel modo di vestirsi, nel modo di mangiare e nel resto della vita i costumi del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, come tutti hanno ammesso, incredibile. Abitano ognuno nella propria patria, ma come fossero stranieri; rispettano e adempiono tutti i doveri dei cittadini, e si sobbarcano tutti gli oneri come fossero stranieri; ogni regione straniera è la loro patria, eppure ogni patria per essi è terra straniera. Come tutti gli altri uomini si sposano ed hanno figli, ma non ripudiano i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il letto”.

 

(Dalla lettera a Diogneto)

 

 

Commento di Sr Graziella Curti FMA

vicaria.bonvesin@gmail.com

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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