DALLA PAROLA DEL GIORNO
«Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».»
Lc 21,5
Come vivere questa Parola?
In questa pericope evangelica, Gesù ci invita a vigilare, ad essere attenti al suo ritorno. Nel Vangelo, di non facile comprensione, viene usato un linguaggio apocalittico. Ogni anno la liturgia della Parola, alla fine dell’anno liturgico, propone il discorso “escatologico” (ossia sulle realtà “ultime”) di Gesù. Il Signore è appena uscito dal tempio e, con i suoi discepoli si dirige verso il monte degli ulivi da dove si può ammirare la bellezza e lo splendore del tempio di Gerusalemme. I discepoli, nel guardare questa meravigliosa e maestosa costruzione, ne restano colpiti ma Gesù dice che di quella costruzione non rimarrà pietra su pietra e, servendosi di alcuni versetti tratti dai libri profetici, afferma che «dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte» (il testo greco dice: “saranno scosse”). Gesù, con questo discorso, non vuole spaventare i discepoli ma vuol far capire loro che questo mondo e questa creazione vanno verso una fine, verso quel “Giorno del Signore” già invocato dai credenti di Israele, giorno di salvezza e di giudizio.
VIVO LA PAROLA: “Ma io vi dico…”
La voce di un Padre della Chiesa
Quando dunque verrà nostro Signore Gesù Cristo e, come dice l’apostolo Paolo, «metterà in luce i segreti delle tenebre, e manifesterà le intenzioni dei cuori: allora ciascuno avrà la sua lode da Dio» (1 Cor 4,5). Allora, essendo un tal giorno così luminoso, non saranno più necessarie le lucerne. Non ci verrà più letto il profeta, non si aprirà più il libro dell’Apostolo; non andremo più a cercare la testimonianza di Giovanni, non avremo più bisogno del vangelo stesso. Saranno perciò eliminate tutte le Scritture, che nella notte di questo secolo venivano accese per noi come lucerne, perché non restassimo nelle tenebre. Eliminate queste cose, giacché non avremo più bisogno della loro luce, e venuti meno anche gli stessi uomini di Dio, che ne furono i ministri, perché anch’essi vedranno con noi quella luce di verità in tutta la sua chiarezza, messi da parte insomma tutti questi mezzi sussidiari, che cosa vedremo? Di che cosa si pascerà la nostra mente? Di che cosa si delizierà la nostra vista? Da dove verrà quella gioia, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo? (cfr. 1Cor 2,9). Che cosa vedremo? Vi scongiuro, amate con me, correte con me saldi nella fede: aneliamo alla patria del cielo, sospiriamo alla patria di lassù; consideriamoci quali semplici pellegrini quaggiù. Che vedremo allora? Ce lo dica ora il vangelo: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). Verrai alla sorgente, da cui ti sono giunte poche stille di rugiada. Vedrai palesemente quella luce, di cui solo un raggio, per vie indirette e oblique, ha raggiunto il tuo cuore, ancora avvolto dalle tenebre e che ha ancora bisogno di purificazione. Allora potrai vederla quella luce e sostenerne il fulgore.
(Dai «Trattati su Giovanni» di sant’ Agostino, vescovo)