Un pit stop sanbiagino, perché, per chi non l’avesse ancora sperimentata, esiste la ‘sanbiagite’, che ti si attacca non appena varchi la soglia della strada brecciata e ti lasci alle spalle l’eremo. Pit stop durato 6 giorni: preghiera, ascolto e ispirazioni vissute, contrassegnate dal suono della campanella che ti richiama alla volontà di Dio, per cui lasci tutto quello che stavi facendo e lo riprendi con più pace e serenità. Il tutto, vissuto nel clima di fraternitá che abbraccia e dà valore ad ogni cosa, piccola e grande, cuore pulsante della Casa di preghiera e della vita di ognuno di noi.
Fraternità, culminata in una ‘gita’ insieme sui passi di San Francesco, visitando i luoghi di Greccio, Fonte Colombo e Santuario della foresta, conosciuti perchè qui ha scritto la regola e sono avvenuti miracoli, come quello del vino. Tante le emozioni che mi porto dentro, oltre agli sguardi incrociati quando sentivo che le parole non sarebbero bastate. Due cose, più di tutte, mi sono rimaste scolpite nel cuore: le rocce scelte da San Francesco come giacigli, non rocce qualsiasi, ma quelle che avevano la forma di spaccatura, a ricordargli di essere in comunione con Cristo e la sua ferita del costato durante la passione. Questo ‘stare’ dentro le spaccature mi ha da sempre interrogato e sento anche mia la scelta di fare quello che posso, nella vita di tutti i giorni, perché le spaccature delle contraddizioni dentro e fuori di me possano generare vita, speranza e amore. Come la preghiera di San Francesco davanti al crocifisso in cui scrive: ‘Dame fede diricta, carità perfecta, humiltá profonda’…mi ha colpito leggere che solo vicino alla parola carità Francesco chiede la perfezione. La fede, la speranza e la caritá: ma più importante di tutte è la caritá, diceva San Paolo. Alla fine, è l’Amore dato e ricevuto che resta e ci fa vivere, un pochino migliori ogni giorno. La seconda cosa che mi resta impressa nel cuore è un aspetto della vita del santo messo in evidenza da un frate che ci ha accompagnato durante la visita a Fonte Colombo: ‘Francesco ha vissuto la sua vita sempre come una restituzione; anche quando è morto, ha restituito il suo saio, scegliendo di morire nudo.’ La scelta di restituire e non possedere, di essere solo amministratori della vita e dei talenti perché, anche se la nostra parte è fondamentale, Chi conduce è un altro…e noi co-piloti!!!
Grazie a Dio, a San Francesco, agli amici ed alla comunitá delle suore di San Biagio. Continuiamo a camminare in comunione tra noi e con Cristo dentro le ‘spaccature’ del mondo, nella certezza che dentro la parte di ciascuno Dio conduce una storia più grande.
Condivido anche una riflessione scritta qualche anno fa, dentro una chiesa che aveva al centro del tabernacolo una spaccatura illuminata. Mi attirava tantissimo. Non stavo attraversando un momento facile, ma lí mi sentivo bene e mi dava la forza di continuare ad andare avanti.
‘Dio è la ferita, la spaccatura. Attraversala, dimoraci dentro. Lasciati ferire, lasciati capovolgere, lasciati sconvolgere, lasciati spaccare. Lo spacco tra il cielo e la terra, tra il bene e male che non divide, ma lo contiene. La superficie è l’inizio di un profondo e vero colloquio. Alla fine, pur dentro il buio più profondo, entro in chiesa, nel silenzio di un grigio pomeriggio con un po’ di neve. E mi sento a casa’.
-Benedetta Ferrone-