DALLA PAROLA DEL GIORNO
A chi paragonerò questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri e dicono: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto. E’ venuto Giovanni che non mangia e non beve e hanno detto: “ha un demonio. E’ venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere.
Mt 11,16-19
Come vivere questa Parola?
“Ma a chi paragonerò questa generazione? È simile ai bambini seduti nelle piazze che gridano ai loro compagni”. Ancora una volta, il Maestro interpella la folla con la sua logica stringente. Che cosa pretende la gente? E’ venuto Giovanni Battista, l’austero battitore di strada del Messia e l’hanno definito indemoniato. E’ venuto Lui, che mangia con i pubblicani e l’hanno definito mangione e beone. Nonostante i segnali evidenti di Chi deve venire a portare la giustizia e la pace, il popolo d’Israele sembra incapace di leggere la storia dell’evento straordinario di un Dio che viene tra i suoi e rivoluziona la vita di tutti coloro che, invece, non si appassionano a nulla e non riescono a vivere l’attesa del Cristo.
Sono passati due millenni da quando l’evangelista Matteo ha focalizzato la postura della gente con cui Gesù viveva, ma l’apatia, la noncuranza del popolo di allora si ripete nei nostri giorni. Quante volte, di fronte ai giorni della nostra vita, invece di ringraziare Dio dei doni che ci dà non sappiamo fare altro che lamentarci, non riusciamo a vedere altro che quello che ci manca. Riempiamo un’attesa che dovrebbe essere colma di speranza e di riconoscenza con la ripetizione di gesti banali, incapaci di riconoscere la “musica” che Dio suona per noi attraverso i suoi messaggeri e con i suoi doni di cura e di amore.
Nella preghiera di oggi ripeterò più volte il mio grazie a Gesù per tutti i doni che mi fa ogni giorno. Chiederò allo Spirito di comprendere e accettare anche quelle situazioni di sofferenza, che sono spesso vie misteriose che mi possono avvicinare di più a Dio, al suo disegno d’amore per me.
La voce di un giovane teologo e scrittore
“Sarebbe interessante avere il coraggio di analizzare le nostre lamentele e il nostro parlar male. E se esso non fosse nient’altro che la testimonianza che pur di non metterci in gioco noi ci diciamo che non va bene tutto quello che abbiamo davanti? Non è forse vero che chi si lamenta sempre o chi giudica sempre ha innanzitutto un problema irrisolto dentro di sé che lo spinge a dire e fare così?
Commento di Sr Graziella Curti FMA
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